Lo sguardo nell’anima: un’arte sospesa tra femminilità e MALINCONIA.

La mia ricerca pittorica, svincolata dai tratti canonici di una formazione accademica, nasce in seguito a un lungo periodo di solitudine e ricovero.Penso che il mio modo di fare arte non sia altro che il segno visibile di quell’invisibile dolore preludio di rinascita.
Dipingere è sempre una escrizione: il peso sulla tela del pensiero che ci abita, l’uscita da sé ( e di sé) di ciò che siamo, di quello che viviamo
La ” mia arte” vuole raccontare la storia della mia nuda fragilità, della mia mordace vulnerabilità, della mia rinnovata ciclicità.

Nelle mie opere emergono presenze femminili, leggere o eteree,  reali o simboliche espressioni di una forte sensibilità e umanità; donne moderne, forti, vitali, consapevoli della propria femminilità, capaci di convivere con il dolore del cambiamento  e di vivere  con pienezza il loro tempo da protagoniste. Dai loro volti traspare una  malinconia tangibile nella loro atemporalità che rivela un lato più profondo, più intimo. Questa atmosfera sospesa di metamorfosi che le circonda ha in sé un’eleganza intrigante che si esprime anche attraverso richiami alla moda e che arriva a investire -oltre all’abito, agli accessori e all’acconciatura, anche il portamento-  la gestualità e l’armonia stessa della figura. È una moda  che vuole suscitare emozioni, che “veste” – e così facendo svela – l’anima elegante dei ritratti femminili

La tensione che traspare tra dettagli confusi e pennellate delicate condensa l’anima di una sperimentazione pittorica che dà voce alla complessità dell’animo, la quale è una trama di radici passate lasciate aperte ad una futura evoluzione del figurativo.

Il bianco e il nero predominano, a rappresentare il pensiero dicotomico che aleggia nella realtà contemporanea e quel dualismo sottile che appartiene alle nostre vite; si alternano sfumature di grigi e si contrappongono tinte brillanti e vivaci come il rosso, il fucsia e il giallo ocra. Inedite  suggestioni sono proposte anche nelle trame e texture veicolate dall’uso dell’acquerello e dal pastello.

Sono  interessa alla trasformazione dell’immagine, che muta, fino a scomparire, spesso privata del sistema di segni che essa era in grado di evocare, creando un vuoto in cui la soggettività trova il suo spazio.
La mia è una narrazione intimista con una componente figurativa forte ma morbida, emotiva e seduttiva.

Così cerco l’equilibrio nel mio percorso creativo di ricerca e sperimentazione continua con l’intento di proiettare lo spettatore nel mio Altrove.


Opere

Un imperativo a rifiorire
Acrilico su tela con applicazioni ad acquerello, 60×80 cm, 2023

Sono stata non umana fino a che non ho avuto fame.
Una fame atavica e feroce di vita.
Cambiare pelle è stata un’urgenza irredimibile. Una salvezza. Tanto più, la salvezza delle salvezze è desiderare la propria muta con il rischio di smarginare e lacrimare, fino a combaciare con la propria voce interiore liberandola dal quel lato nero che ti riempie, ti assorbe e ti induce a “scomparire”.
Arendt afferma che il dolore del passato va conosciuto, sopportato in questa sua presa d’atto, e soprattutto raccontato. Solo cosí lo si puó “Padroneggiare”.
Penso che il mio modo di fare arte non sia altro che il segno visibile di quell’invisibile dolore della malattia preludio di rinascita.
Dipingere è sempre una escrizione: il peso sulla tela del pensiero che ci abita, l’uscita da sé ( e di sé) di ciò che siamo , di quello che viviamo
La ” mia arte” vuole raccontare la storia della mia nuda fragilità, della mia mordace vulnerabilità, della mia rinnovata ciclicità.

Marcatura di presenza
Acrilico e Pastello su tela, 50×35 cm e 50×50 cm

Nello scenario attuale di accelerazione continua, in cui il precario, il transitorio, l’ibrido sono le nuove coordinate, il sentimento di spoliazione dell’identità e di impoverimento della soggettività è ubiquo.
Questa repressione silenziosa ammantata da uguaglianza nell’epoca della “singolarità qualunque” mette a tacere l’autenticità generando angoscia, scollamento e un forte bisogno di ricerca e affermazione della propria identità.
Ecco allora le impronte delle mani: il modo più ancestrale di dar luogo a una forma.
Fin dalla preistoria, infatti, le mani impresse sui muri delle caverne non sarebbero altro che una “Marcatura di presenza”, tracce in risposta di un bisogno primordiale precipuo dell’essere umano, un atto deittico che inscrive sulla superficie un indice della propria identità, un tentativo di eternare un gesto e una presenza, l’affermazione di un Io che lasciava il segnale del suo passaggio.
È dunque dalle nostre tracce, dalle nostre impronte che bisogna ripartire.
Ripartire per riemergere.

Milano
Acrilico su Tela, 60x 85, 2022

Un’ode alla capitale della moda. La stessa moda che parla il linguaggio multiforme dell’arte per vestire l’essere e descrivere il mondo spingendosi addirittura oltre, fino a ricrearlo.
Un flusso di persone avvolte da un’aura di pura luce che prendono corpo in un orizzonte senza tempo e senza coordinate specifiche.
Pennellate delicate, contorni appena accennati, figure che sconfinano dalle celebri passerelle alle strade della città. Qui nuances e texture sembrano galleggiare nel caos e nella confusione della sovrapposizione.
Così cerco l’equilibrio nel mio percorso creativo partendo dal caos, dalla sostanza vista come la rigenerazione per realizzare i desideri. Un’arte che ricerca l’Essenza degli esseri e delle cose, che indaga attraverso le passioni e i sentimenti la soggettività delle persone, dal caos alla generazione e realizzazione dei desideri e delle ambizioni: questo è il vero fulcro dell’atmosfera che si respira  nella capitale