Winkler Ruggero Crotti (1924-2015)

C’è stato un filo conduttore nell’appassionata esistenza di Ruggero “Winkler” Crotti: la ricerca ostinata e incessante della strategia migliore. Era un perfezionista sognatore, Winkler.
Mise a repentaglio la propria vita in una gelida notte del 1944 scappando da un campo di lavoro sulle montagne delle Ardenne pensando che quella, seppur con tutti i rischi, sarebbe stata l’unica strategia per scampare ai tedeschi e dunque alla morte.
Riuscì a salvarsi, stremato, con le gambe fuori uso dal freddo, grazie all’aiuto di una giovane contadina che lo accolse amorevolmente nella sua casa nonostante fosse un ricercato. Tornato in Italia alla fine della Guerra chi lo conosceva faticò a riconoscerlo, tant’era magro. Gradualmente riprese in mano l’attrezzo che aveva caratterizzato la sua giovinezza, la stecca da biliardo (gioco nel quale fu indiscusso campione) e nel contempo cominciò a brandeggiare il pennello, piccolo strumento che, al pari del tavolo verde, gli avrebbe consentito grandi invenzioni.
Nella pittura fu stimolato da un simpatico conoscente che Winkler chiamava semplicemente “il Baffo”.  I due si scambiarono per anni segreti e tecniche nelle rispettive discipline.
Per Winkler la pittura fu un’escalation di esperimenti.
Non volendo diventare come “qualcuno” non gli servì ispirarsi ad artisti del passato, tantomeno tra i suoi contemporanei trovò un “modello” da seguire.
Il suo fu un percorso lento, ma inesauribile verso la “buona arte”.
Così come nel biliardo anche con i quadri sosteneva che il principale avversario da superare fosse la propria soddisfazione.
Il “Baffo”, che di pittura viveva, gli aveva dato nozioni sui colori ad olio, ma Winkler, strada facendo, alzò la sua personalissima asticella strategica, decidendo di puntare tutto sull’acquerello, di gran lunga più difficoltoso (in quanto non modificabile) ma dalla resa emozionale più vibrante.
I temi della sua creatività s’intrecciavano con i suoi viaggi e con la vita di tutti i giorni.
A Milano dipingeva i Navigli, la Magolfa, la cascina di Monluè; se doveva per lavoro spostarsi in Piemonte trovava il tempo per impostare una veduta del Canavese o del Monviso, se era a un torneo di biliardo in Liguria si fermava a Savona per raffigurare le barche al porto.
Sulla sua macchina non mancavano mai il fodero con la stecca da biliardo, il cavalletto e la valigia del pittore.
Alcuni scorci li ripeteva nel tempo, anche a distanza di anni, con lievi ma sostanziali modifiche, per verificare se la strategia via via messa in atto avesse dato o meno i frutti sperati.
Da eterno insoddisfatto quale era in ogni suo quadro trovava comunque dei difetti e dunque l’opera successiva era un’opportunità per tentare di correggerli.
Alle rose di Winkler mancava solo il profumo. I suoi nudi erano vellutati. I lavoratori, fossero essi un maniscalco o un carpentiere, li rappresentava con ammirata fierezza.
Verso gli animali nutriva un amore incondizionato; con loro la pennellata perdeva ogni titubanza tramutandosi in lirica pura.
Tra i boschi della Valcuvia o nelle lanche del Ticino riusciva a filtrarvi una luce magica.
Winkler non aveva necessità di vendere ciò che faceva, se gli chiedevano un quadro non diceva di no ma a quel punto il problema diventava assegnarli un prezzo; incombenza che lasciava volentieri ad altri.
Ha spesso rifiutato con garbo le offerte dei galleristi che gli chiedevano esclusive in cambio di denaro.
Non amava nemmeno confrontarsi ai concorsi di pittura; quando raramente questo avvenne sbaragliò la concorrenza vincendo il primo premio a Soncino, a Menaggio,a Cremona ed altri. L’artista dipinse sino all’ultimo giorno della sua vita nel suo piccolo studio in Via Col Moschin a Milano.
La produzione pittorica di Ruggero “Winkler” Crotti è tuttora custodita, pressoché nella sua intierezza, dalla figlia Paola.
Ogni singolo quadro conserva luccicanti attimi di vissuto e di leggiadra poesia: l’insoddisfatto sognatore/perfezionista/stratega è ancora tra noi.

Auro Bulbarelli

 


 

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